venerdì, settembre 22, 2006

Meeting across the river

Hey, Eddie, can you lend me a few bucks
And tonight can you get us a ride
Gotta make it through the tunnel
Got a meeting with a man on the other side



Hey Eddie, this guy, he's the real thing
So if you want to come along
You gotta promise you won't say anything
'Cause this guy don't dance
And the word's been passed this is our last chance

We gotta stay cool tonight, Eddie
'Cause man, we got ourselves out on that line
And if we blow this one
They ain't gonna be looking for just me this time

And all we gotta do is hold up our end
Here stuff this in your pocket
It'll look like you're carrying a friend
And remember, just don't smile
Change your shirt, 'cause tonight we got style

Well Cherry says she's gonna walk
'Cause she found out I took her radio and hocked it
But Eddie, man, she don't understand
That two grand's practically sitting here in my pocket

And tonight's gonna be everything that I said
And when I walk through that door
I'm just gonna throw that money on the bed
She'll see this time I wasn't just talking
Then I'm gonna go out walking

Hey Eddie, can you catch us a ride?

domenica, settembre 17, 2006

"Ridateci i soldi"

Lido di Venezia, 7 settembre 2006

Capita che in una notte veneziana non riesci a dormire e allora ti svegli prestissimo.
Alle 6.00.
E sei pure incazzato perchè la notte prima non hai restituito in tempo il pass per accedere al (retro del) Casinò, e dovrai inventarti qualcosa per convincere la signorina dell'Info Point a concederti il pass anche per le giornate seguenti.
Arrivi alla zona cinema alle 8.30, ti siedi nei tavolini all'aperto e bevi un caffè.
Porti gli occhiali da sonno e speri che nessuno ti rivolga la parola perchè potresti azzannarlo alla gola.
E ti viene un'idea per stroncare un film che hai visto due giorni prima.

Il film in questione è The wicker man di Neil Labute.
Io amo Neil Labute, è un autore fantastico. I suoi due primi film, Nella società degli uomini e Amici e vicini sembrano girati da Todd Solondz. Sono cattivissimi, acidi.
E vedere, a mezzanotte in Sala Grande, 'sta robetta con Nicolas Cage mi ha veramente deluso.
The wicker man è un film inutile.
Inutile perchè non si sentiva il bisogno di fare un remake dell'originale del 1973 di Robin Hardy (che già non era un capolavoro).
Inutile perchè Neil Labute ha le capacità ed il talento per realizzare opere ben superiori.
Ed inutile perchè The wicker man è un film fondamentalmente noioso. E per un film che vuole essere un "horror che puzza di zolfo" è peccato mortale!

Incontrando Neil Labute alla fine del film non ho avuto il coraggio di dirgli nulla. Avevo la locandina di Nella società degli uomini e lui è rimasto molto sorpreso...ha esclamato "Oh My God! This is a come back!" e poi mi ha buttato un "Thank you very much" grande come una casa...come potevo dirgli "Il tuo film è uno spaccamento di palle"?
E allora mi sono rifatto a distanza di due giorni.
Dopo aver bevuto il caffè ho preso un foglio dallo stand di Ridateci i soldi e mi sono messo a scrivere.

Ridateci i soldi è una sorta di concorso che Gianni Ippoliti organizza da 10 anni alla Mostra del Cinema di Venezia.
Scopo del gioco è scrivere una stroncatura di un film visto alla Mostra, oppure "satireggiare" su qualche aspetto della Mostra stessa.
Tutti (ma tutti!) i fogli su cui viene scritta la "stroncatura" vengono appesi in alcuni muri posti vicino al Casinò ed al Palazzo del Cinema per poter essere visionati da ogni persona ciondolante per il Lido, e ad insindacabile giudizio di Ippoliti e di alcuni suoi collaboratori l'ultimo giorno della Mostra viene consegnato il premio al vincitore: una enorme coppa di legno! :-D

Beh, incredibile ma vero, appena ho consegnato ad Ippoliti il foglio con la "stroncatura" lui è impazzito e mi ha riempito di complimenti.
E sono arrivato tra i 6 finalisti (ci saranno stati un 2000 fogli appesi a quei muri) che si sono contesi la Coppa Codacons "Ridateci i soldi"! :-D
Sono cose da raccontare ai nipotini queste, ahahahah!!!

Queste sono le 6 stroncature finaliste


e questo è l'ingrandimento della mia



con il testo:

THE WICKER MAN
Dato un sistema di assi cartesiani, misuriamo sull'asse delle ascisse il tempo t (in min.) e sull'asse delle ordinate la pressione P (in atmosfere).
Dal grafico possiamo notare come, con l'avanzare del tempo (col procedere del film) la pressione P (intesa come "spaccamento di palle", S) aumenta via via, assumendo un andamento asintotico.
Possiamo allora calcolare il limite, per t che tende ad infinito, della nostra funzione f(t) (lo spaccamento di palle, appunto), la cui relazione è:

lim f(t) = K
t->∞

dove K ha un valore che varia a seconda dell'abitudine del cinefilo a vedere film che fungono da mola.
Nel caso del sottoscritto, abituato a vedere film di ogni sorta, il valore di K è elevato (10 atm.), e di conseguenza la funzione S tende ad avvicinarsi all'asintoto orizzontale (di equazione Y = K) senza incontrarlo mai.
Caro Neil Labute, ma "Nella società degli uomini" l'hai girato proprio tu?


Questa recensione, sorta di funzione matematica applicata al cinema, ha divertito tanta gente (giuro!), ma ciò non è bastato a farmi vincere la coppa!
Ogni tanto qualcuno mi chiama dicendomi che ha visto Ippoliti commentare la mia "stroncatura" su Sky Cinema.
L'anima pia che mi elargirà copia della puntata suddetta avrà la mia eterna gratitudine :-)

venerdì, settembre 15, 2006

LYNCHipit

Un piccolo antipasto da Venezia 2006.
Guardate quest'uomo, questo bellissimo uomo.
Questo Genio capace di creare l'ennesimo capolavoro.


Tremavo come una foglia.
Alla fine è bastato un suo sorriso per darmi la forza di dirgli grazie :-)

mercoledì, settembre 13, 2006

Kikujiro no natsu

Sono tornato.
Non ho voglia di scrivere di Venezia, è ancora tutto troppo intenso.
Devo lasciar decantare. Riordinare i pensieri. Almeno ci riuscissi...


Ci ho provato riguardando questo film, che finalmente oggi è uscito in DVD.
Kikujiro no natsu (L'estate di Kikujiro) è l'ottavo film di Takeshi Kitano. Mi rendo conto che parlare di capolavoro per (quasi) ogni film di Kitano possa risultare eccessivo, ma lo è solo per chi non conosce il suo cinema.
Kitano prende una storia classica come il viaggio on the road e la trasforma, la filtra, regalando agli occhi, al cervello ed allo stomaco un' opera dolcissima e malinconica.
Beat Takeshi interpreta un fallito, un perdigiorno che sta a ciondolare tra i locali a luci rosse e le scommesse, un derelitto che ha preso e che continua a prendere calci in bocca dalla vita.
Un giorno accetta controvoglia di accompagnare il piccolo Masao alla ricerca della mamma che non ha mai conosciuto. Forse per guadagnare qualche soldo, forse perchè tanto non ha nulla da fare.
E questa persona burbera, egoista, senza dignità (si veda la scena in cui prende i soldi del bambino per giocarli alle corse) col passare delle ore e dei giorni si affeziona sempre più al bambino, lo coccola, lo culla, perchè si riconosce in lui.
"Io e te siamo proprio uguali", sussurra Kitano a Masao dopo aver atteso invano per giorni un autobus in una fermata sperduta nel nulla.
E un istante prima di suonare al campanello della casa della madre quel sorriso amaro - "Va a finire che me la sposo...e tu diventeresti mio figlioccio...e dovrai chiamarmi papà...dai, prova a dirlo...papà..."- è una lama nel cuore.
Un uomo solo e sconfitto, che desidera tante cose ma che non le ha...e probabilmente non le potrà avere mai.
E la vita è crudele, la mamma di Masao si è fatta un'altra famiglia. Masao la vede da lontano, si nasconde, Kitano lo consola a suo modo: "Quella non è tua madre...tua madre deve aver cambiato casa..."
Non riesce nemmeno a fingere. Non ci crede lui, non ci crede Masao.

Sulla spiaggia il cielo è dello stesso colore del mare. "Andiamo via, dai...andiamo", si prendono per mano, si guardano negli occhi, si riconoscono.
Sono uguali. Ugualmente infelici. Ugualmente soli.
Da questo momento il viaggio si trasforma.
"Solo per il bambino", la combriccola squinternata che si forma via via è tutta tesa a far giocare Masao, a cercare di suturare la profonda ferita della visione dellla madre con un'altra famiglia...con un inserto splendido: Kitano, in una delle scene più belle del film, va a trovare la madre all'ospizio ma non ha il coraggio (la forza?) di andare a salutarla, il tutto commentato da un Joe Hisaishi in stato di grazia.

Ci sono echi chapliniani in questo film, e l'accostamento non è per nulla azzardato.
La vita è difficile e a volte fa paura. Kitano non fa sconti nemmeno a Masao: la scena del pedofilo è terrificante, pur se stemperata nel finale, e gli incubi notturni del bambino lo mostrano molto chiaramente.
E allora il rifugio è nel giuoco, o in una notte limpida e stellata.

Il film è suddiviso in capitoli: capitoli dell'album di Masao, "Cosa ho fatto l'estate scorsa", ed il tempo è scandito dal modo in cui vede ciò che sta vivendo, anche se si ha la fortissima impressione che Masao capisca perfettamente tutto ciò che accade ma che non abbia la forza, a 8 anni, di accettarlo. E allora il pestaggio di Kitano diventa "Il signore è caduto dalle scale", il pedofilo diventa "L'uomo cattivo"...
Nell'estate di Masao non ci sono nomi propri: Kitano è chiamato semplicemente "signore", e gli altri personaggi bizzarri incontrati nel viaggio sono il "signor pelato", il "signor ciccione" e il "signor poeta". Personaggi senza nome di un viaggio che è diventato senza meta.

E il viaggio, l'estate che doveva essere del piccolo Masao si trasforma nell'estate di Kikujiro/Kitano...nel bellissimo, straziante finale in cui Masao chiede al "signore" il suo nome ("Signore, ma tu come ti chiami?") dopo una settimana passata insieme, subito dopo che Kitano mente per l'ennesima volta dicendo che lo accompagnerà ancora a cercare sua madre.
Kikujiro mente a Masao, Masao mente a Kikujiro. Ed entrambi mentono a loro stessi.
Entrambi sanno che non si vedranno più.
Entrambi sanno che la mamma di Masao è andata via per sempre.
E il volto monolitico, pietrificato, impassibile di Kitano quando le ali dello zaino di Masao lo portano via è devastante.

Un viaggio, una parentesi. Cercare di stare il più possibile all'interno, perchè al di fuori c'è il nulla.
Senza speranza.