Ciao Ennio,
perdonami se ti do del tu, ma tanto non leggerai mai questa lettera.
E allora ne approfitto...l'illusione di sentirmi un po' più vicino a te.
Che poi vicino a te lo sono da una vita. Da quando avevo 16 anni, per l'esattezza..e vidi Noodles, Max, Patsy e Cockey correre sotto un ponte...e sentii Noodles pronunciare la più bella delle "dichiarazioni d'amore" (mi piace chiamarla così)...e vidi Deborah allo specchio, e tra i sacchi di farina e le mele.
Sono stato con te negli occhi di Clint, su un dolly meraviglioso con Jill, la puttana, in una stazione sperduta nel West...e infinite altre volte.
Ieri ti hanno dato quella statuetta che più di una volta ti hanno negato.
E lo so, i premi sono importanti, sono un riconoscimento del proprio lavoro...ma quale riconoscimento più grande può esistere di milioni di persone che si emozionano, sognano, viaggiano, piangono sulle tue musiche...e poi, lo sai, persino a Kubrick lo hanno sempre negato...e a Kitano...e a Kaurismaki...eri in ottima compagnia, no?
Hai trattenuto a stento le lacrime, la voce rotta dall'emozione...proprio tu, proprio tu che in quella sala avresti potuto guardare dall'alto tutti quanti.
E mi hai spiazzato ancora una volta, quando in mezzo a tante dediche che suonavano retoriche hai dedicato tra le lacrime quel momento "a mia moglie Maria, che mi ama moltissimo...e io la amo alla stessa maniera".
Semplice e disarmante.
Come la tua musica.
Come te.
Il 10 Settembre terrai un concerto in Piazza San Marco a Venezia, due giorni dopo la fine del Festival del Cinema...dirigerai la tua orchestra...e io sarò lì.
E so fin da ora che sarà una delle esperienze più meravigliosamente devastanti della mia vita.
Il tempo non può invecchiarti.
Sembra scritto apposta per te
Grazie.
Mario
Per non impazzire non dovevi pensare che fuori c’era il mondo. Proprio dimenticarlo.
Eppure, sai, gli anni passavano, sembrava che volassero. Strano ma è così quando non fai niente.
Ma due cose non riuscivo a togliermi dalla mente: la prima era Dominic, quando prima di morire mi disse “Sono inciampato”...
e l’altra eri tu... tu che mi leggevi il Cantico dei Cantici.
Ricordi? “Oh, figlia di principe quanto son belli i tuoi piedi nei sandali…”
Sai che leggevo la Bibbia tutte le sere?...E tutte le sere pensavo a te.
“Il tuo ombelico è una coppa rotonda dove non manca mai il vino,
il tuo ventre è un mucchio di grano circondato da gigli,
le tue mammelle sono grappoli d’uva,
il tuo respiro ha il dolce sapore delle mele.”
Nessuno t’amerà mai come t’ho amato io.
C’erano momenti disperati che non ne potevo più e allora pensavo a te... e mi dicevo Deborah esiste, è là fuori...e con quello superavo tutto.
Capisci ora cosa sei per me?
C'era una volta in America, 1984
martedì, febbraio 27, 2007
domenica, febbraio 18, 2007
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